Gli starter di fermentazione: la disputa senza vincitori né vinti

Mag 3, 2021 | Non categorizzato

Se ti dico pied de cuve, che cosa mi rispondi? Pied de che??? La maggior parte delle volte, ahimè, la risposta è proprio questa.

Sono da molto tempo nel mondo del vino artigianale come consumatore, e solo da qualche anno come négociant, e la disputa sugli starter della fermentazione alcolica è sempre stata una costante delle tante discussioni fatte dai vignaioli, dagli addetti ai lavori e da quelli come me che erano semplici bevitori.

Perché tanto interesse su questo aspetto della vinificazione? Perché può decretare quanto “naturale” debba essere considerato un produttore, in base a cosa utilizza per far partire le proprie fermentazioni alcooliche.

E qui scatta la rissa!!! No dai, non siamo ancora arrivati a tanto, ma è una questione molto spinosa. Con tanto di fazioni per l’una o per l’altra soluzione, come se ci fosse veramente un vincitore e degli sconfitti. Ma non è proprio così che funziona.

Ci sono vignaioli che utilizzano i lieviti indigeni, selvaggi, autoctoni o non utilizzano proprio lieviti, semplicemente aspettano che il mosto inizi la fermentazione. In questo caso si sente spesso dire i lieviti indigeni dell’uva giocano un ruolo fondamentale, ma più correttamente è la cantina che aiuta tutto il processo di fermentazione, con le proprie muffe e il proprio particolare habitat in cui i lieviti dell’uva potranno liberamente esprimersi perché hanno il miglior ambiente possibile in cui vivere e moltiplicarsi. Se non si è particolarmente attenti durante tutte le fasi della fermentazione si rischia di portarsi difetti nel vino che difficilmente si riuscirà a rimediare senza l’intervento del vigneron.

Altri vignaioli creano, con le proprie uve, pied de cuve che verranno poi aggiunti per far partire le fermentazioni delle masse.

Ti starai chiedendo come si prepara un pied de cuve. Beh il processo è abbastanza semplice.

Si raccoglie un po’ d’uva qualche giorno prima di iniziare la vendemmia. L’uva non è pienamente matura: viene portata in cantina dove si procede a diraspare a mano i grappoli raccolti, cercando di far uscire bene la polpa dall’acino e si fa cadere il tutto, assieme alle bucce, all’interno di un tino. Al termine dell’operazione di diraspatura manuale, si aspetta che questa massa inizi la fermentazione.

Il pied de cuve rappresenta quindi la base per avere buoni percorsi fermentativi e buoni risultati dal punto di vista organolettico. I primi lieviti che intervengono sono quelli non-Saccharomyces in genere di forma apiculata. Soltanto in una seconda fase il Saccharomyces Cerevisiae prende il sopravvento, portando a termine il processo fermentativo. Questo avviene perché la crescente concentrazione alcolica inibisce la crescita dei non-Saccharomyces. I lieviti non-Saccharomyces sono però i lieviti più caratteristici, più territoriali, quelli che danno un’impronta aromatica originale al vino. Perciò un pied de cuve ben fatto riesce ad evitare difetti e fermentazioni parassite e allo stesso tempo a garantire “originalità”.

Come ultima categoria di vignaioli, infine, ci sono quelli che utilizzano “lieviti selezionati”. In questo caso vengono spesso inoculati lieviti in forma disidratata (lieviti secco attivi LSA). L’uso abituale dei lieviti selezionati, sotto forma di lieviti secchi attivi, si è diffuso durante gli anni ’70. Già negli anni ’80 quasi tutti i protocolli di vinificazione delle aziende medie e grandi ne prevedevano l’uso sistematico. Questa tecnica è ormai utilizzata solo da produttori convenzionali, per produrre vini di ottima perfezione tecnico/commerciale, ma che tendono spesso a seguire dei modelli adatti per il consumatore medio e standardizzato. Sono gradevoli, privi di difetti, ma non evocano particolari emozioni.

Conclusioni

Per quanto si possa chiedere ai produttori se utilizzino o meno lieviti selezionati per le loro fermentazioni, non esiste un metodo affidabile per determinare in modo obiettivo se un vino proviene da fermentazione spontanea o da fermentazione con lieviti selezionati. Per molti “esperti” i difetti che si riscontrano in alcuni vini sono dovuti a fermentazioni balorde. Potremmo dire che non è proprio così scontato: il più delle volte buona parte dei difetti sono dovuti per prima cosa alla qualità delle uve; con una buona uva (sana, ben matura ed equilibrata) bisogna impegnarsi per fare del cattivo vino. Ma c’è qualcuno che ci riesce senza problemi.